Uranio sulle Orobie - La storia dell’uranio di val Vedello e dintorni

di Camillo Mario Pessina

  • Aumenta dimensione caratteri
  • Dimensione caratteri predefinita
  • Diminuisci dimensione caratteri
Home

Le guide alpine di Courmayeur

 

Le Guide alpine di Courmayeur

L’autore, nell’intento di meglio ricordare gli amici Cosimo Zappelli e Luigino Henry - “Uomini dell’uranio” di Val Vedello -  ha voluto ritornare recentemente, dopo trent’anni, una seconda volta a Courmayeur, per parlare con chi dei ricordi è ancora custode  e andare sulla tomba di Cosimo. Coglie l’occasione per parlare di Courmayeur e di come dopo trent’anni possa essere cambiata questa cittadina.

 

Courmayeur, 20 febbraio 2008.

Dopo avere scritto delle due guide alpine di Courmayeur che hanno lavorato con noi geologi dell’Agip sulle Orobie valtellinesi ma decedute entrambe  durante salite sfortunate sull’Annapurna III e sul Monte Bianco, ho sentito la necessità di rivedere dopo tanti anni i parenti di Cosimo Zappelli e Luigino Henry. Questo incontro mi avrebbe permesso non solo di riincontrare la moglie di Luigino e di conoscere il figlio di Cosimo, Marco, a sua volta guida alpina, ma anche di proporre ai lettori di “all’Ombra del Rodes” notizie certe  e inedite sugli accadimenti di quei terribili momenti e di cui nella parte quinta parzialmente ho già raccontato.

Lasciata alle spalle una caotica Milano e attraversato parte delle fertili pianure novaresi e vercellesi, dopo aver costeggiato i contrafforti morenici di Ivrea, a Pont St. Martin entro in Val d’Aosta; le alte cime dei monti sovrastano ogni cosa.

Dopo tre ore di automobile da Dalmine arrivo a Courmayeur  intorno alle 11. Ho trovato quasi subito l'hotel Walser da me precedentemente prenotato; un hotel decoroso a prezzo conveniente, posto vicino alla statale 26. L’hotel prende nome dall’antica popolazione tedesca Walser che  si diffuse a partire dal 1200 - 1300 in tutto  l'arco alpino, dalla Valle d'Aosta sino  all'estremità occidentale dell'Austria.

Sistemate le mie cose e dopo aver ammirato le sculture in legno che fanno bella mostra nel salone dell’albergo, decido di andare a cercare subito l’ Emilia Henry, che  ho saputo lavorare come cassiera al bar annesso al distributore Esso posto a ridosso del traforo del Monte Bianco. L'ho trovata subito! Non ci siamo riconosciuti però! Anche se ancora "giovanili"(sic!), trent'anni hanno lasciato il segno! Alle mie spiegazioni, è rimasta quasi incredula, certamente sconvolta nel profondo; questa inaspettata visita  dopo tanto tempo solleva il coperchio di un pozzo che invano ha cercato di sigillare e i cui ricordi  premono ancora come un fiume in piena. Emilia mi dice "……delle persone di Sondrio, in tutti questi anni, non ho più sentito alcuna. Torno saltuariamente nella frazione di Pussey a Courmayeur, abito adesso a Morgex, dove mi sono trasferita, per seguire mia mamma, morta l'anno scorso a 93 anni. Non posso riscaldare due case, costa troppo! Devo lavorare ancora e non ho la pensione”. Vorrei chiederle tante cose ma la clientela del bar però “preme” e restiamo d'accordo di rivederci il giorno dopo, alle due, all'hotel Walser. Lascio ad Emilia l’anteprima scritta di ”Henry Luigino: un ricordo lungo trentanni”.

Ritornato a Courmayeur noto, quasi con disappunto, come Il sale misto a sabbia, abbondantemente distribuito sulle strade - finito dappertutto, anche sulle  aiuole, quasi bruciandole - abbia conferito un aspetto polveroso ed un po' trasandato a questa cittadina, che in questa giornata senza sole sembra essere prigioniera delle sue  impressionanti muraglie rocciose. Lungo i bordi delle strade e a lato i marciapiedi, mucchi di neve e insidiosi crostoni di ghiaccio rendono difficile il camminare. E’ mezzogiorno e decido di pranzare nel vicino ristorante-pizzeria “du Parc” gestito da intraprendenti meridionali; dalle finestre della sala da pranzo non si vede il cielo ma solo la quasi opprimente mole del Monte Bianco, che pare minacciosa, tutto sovrastando. Quando esco con l’intento di fare una passeggiata per la città, nel grande piazzale di Courmayeur, antistante la SS26, arrivano numerosi autobus; frotte di turisti-sciatori vocianti invadono negozi e panchine.

Si  sente parlare in inglese o in francese ai cellulari. Osservo, con un po’ di disappunto, che anche  qui, pur in una cittadina turistica di una regione autonoma al confine con la Francia, come le  strisce pedonali siano solo fantasmi evanescenti sulla strada. I pedoni hanno difficoltà ad attraversare  per l'assoluta assenza di richiami e per l'impudenza degli automobilisti che non si fermano mai; i pedoni attendono invano al margine della strada. A Courmayeur l'uomo sembra essere secondario al  consumismo e all’invadente presenza dei molti negozi ed alberghi.

Dopo essere entrato nel cuore di Courmayeur arrivo in piazza Petigax, dove l’antica, sassosa torre quadrata dei Malluquin, contrasta con la vicina e moderna Place de l’Ange; qui, un improbabile  chiosco con la scritta “Ostriche”, vende frutti di mare ai turisti; nell’adiacente ristorante “de l’Ange”, attraverso i vetri, osservo  rubizzi turisti tedeschi che addentano aragoste.

Nella piazza Habbé Henry, sulla bianca parete di una casa fa bella mostra un’antica meridiana  con la scritta “ Quelle  heure est il? ”, ”C’est l’heure de bien faire”,  testimonia   antiche filosofie di vita oramai scomparse, sopraffatte da una globalizzazione che tutto digerisce e trasforma. Nella piazza osservo una donna islamica con il velo e signore in visone passeggiare con gli scarponi dopo sci. Un africano con un'incredibile colorata berretta da giullare tenta di vendere oggetti che nessuno vuole.

Devo ammetterlo! A stento ho riconosciuto la Courmayeur di trent’anni fa. Per allontanare quella che ritengo una  mia tutta personale  visione della città entro nel vicino “Cafè des Guides”, dove, sorseggiando un caffé, chiedo al barista un parere sull’odierna Courmayeur. La risposta, un po’ sconfortata, riferiva  la presenza di un  turismo  meno qualificato e massificante unita alla notevole  riduzione dei valdostani doc in Courmayeur.

Una cosa è comunque certa; la Courmayeur di oggi non è certo più quella dei  secoli passati, quella cantata nella  poesia del Carducci (Odi Barbare, Libro I) o quella dei grandi alpinisti geologi-naturalisti dell’ottocento come il H.B. de Saussure, del poliedrico Goethe (il minerale Goethite prende nome da lui), del medico naturalista, G.M. Paccard, e del “cristallier” J. Balmat, che furono tra i primi a giungere sulla vetta del Monte Bianco nel 1786.

 

A fianco e di fronte la  chiesa di San Pantaleone c'è la Casa - Museo delle guide alpine di Courmayeur.

Nel piccolo annesso museo sono esposti, oltre ad alcune sculture in legno e modelli in scala del massiccio del Monte Bianco, diversi minerali tra cui  cristalli ivi rinvenuti  come quarzi ialini, fumè e morioni (neri) insieme a belle varietà di fluorite, da rosa a rossa. I campioni esposti non sono comunque molti.

Mal comune - pare tutto italiano - che accomuna Courmayeur a Finale Ligure,  Pinzolo nelle Giudicarie a Morbegno e ad altre cittadine italiane da me recentemente  visitate è l'impossibilità di acquistare i bellissimi “posters” esposti sulle pareti dei centri di promozione turistica o nei musei. Esauriti da  tempo, nessuno è interessato a farli ristampare. Il turista sarebbe felice di pagarli per portare a casa ricordi così belli! A Stoccolma, nei musei, ho potuto acquistarne di splendidi!

La sera, in albergo conosco Marco Zappelli che del papà conserva  il candido e scanzonato sorriso. Marco mi parla dell’operazione al cuore subita dal padre e di come, nonostante tutto, avesse successivamente ripreso in gran forma l’attività di guida alpina scalando l’aguzza piramide del Monte Cervino. Mi racconta i particolari del mortale infortunio occorsogli sul Pic Gamba nel settembre 1990. Parliamo a lungo.

Dopo aver passato una tranquilla notte in albergo  la mattina di buon’ora raggiungo  il vicino cimitero di Courmayeur con l’intento di salutare, dopo tanti anni, Cosimo.

Tutto è nascosto da uno spesso strato di neve. Grazie alle indicazioni datemi da  Marco la sera prima, trovo la tomba di Cosimo ai piedi di un grande monolito di granito bianco. Cosimo riposa insieme ad altre guide alpine ma vicino alla figlia Chiara, di un anno, morta nel 1971, la cui lapide riporta: “L’amore è più forte della morte e della paura della morte”.

 

 

 

 

 

 

 

Il pomeriggio, come promesso, Emilia viene in albergo dove, dopo avermi raccontato la storia di quei tragici giorni mi consegna un documento, redatto da Cosimo Zappelli: " Note anagrafiche e attività alpinistica della guida alpina Luigino Henry". L' ho proposto nella storia - "Henry Luigino: un ricordo lungo trentanni.

 

Dalmine - Febbraio 2008                                  Camillo M. Pessina (geologo)