Uranio sulle Orobie - La storia dell’uranio di val Vedello e dintorni

di Camillo Mario Pessina

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Inizio e fine dell’avventura mineraria sulle Orobie valtellinesi

 

Inizio e fine dell’avventura mineraria sulle Orobie valtellinesi


Gli studi geologici

Uno dei tanti rimproveri che oggi mi faccio è quello di non aver tenuto di quegli anni una sorta di diario giornaliero, ove poter salvare, con maggior dovizia, date, personaggi e accadimenti, così che gli umani ricordi, talora fallaci, potessero avere un più solido aggancio. Ma tant’è: di buone intenzioni ne son piene le tombe…..

Accingendomi a raccontare, cercherò di scavare allora, nei miei ricordi, seppur talora saltabeccando in avanti nel tempo, per poi ritornare indietro nei racconti, per uggia dell’autore verso quell’episodio o quel personaggio, per non rendere così scontati i  racconti, e, lasciare al lettore il piacere della sorpresa e l’incombenza di riconnettere il tutto.

Per aiutarlo ricorderò però alcune date “miliari” che meglio inquadreranno uomini e fatti.

Nel 1975 fu “rinvenuta” dall’Agip - il perché lo spiego più avanti - una delle tante manifestazioni uranifere superficiali che affiorano sulla destra orografica  della  Val Vedello; quella dell’anfiteatro del “Motolù”, grazie alla spettrometria aerea (ricerca di anomalie della radioattività naturale in particolari rocce con strumenti eliportati) e successivo controllo a terra. Nel 1976 due squadre geologiche dell’Agip, assistite da due guide alpine (di Courmayeur), Cosimo Zappelli e Henry Luigino, facenti base alle case di Scais, eseguivano, rilievi geologici, strutturali (studio degli assetti rocciosi) e radiometrici (misure di radioattività naturale a terra) della Val Vedello, della Val Caronno e della Val d’Ambria.Furono rinvenute e studiate a fondo; in Val Caronno manifestazioni uranifere superficiali minori dette “del Passo della Scaletta” e “del Monte Medasc” e, quelle, molto più importanti, del versante destro della Val Vedello.

Il lettore noti che ho parlato di manifestazioni e non di giacimenti, perché le prime possono essere definite giacimenti solo dopo che lavori di accertamento minerario hanno confermato la continuazione in profondità delle manifestazioni minerarie di superficie e, non ultima, la loro importanza economica.

In quell'occasione furono fatte verifiche geologiche e radiometriche (misure di radioattività con strumenti detti scintillometri) su manifestazioni uranifere segnalate nella letteratura mineraria come quelle dell’alta valle del Belviso dove il CNEN (Comitato Nazionale Energia Nucleare), dopo averle rinvenute nel 1964, e fatti degli assaggi minerari (qualche sondaggio e qualche trincea), le abbandonò, visto il loro scarso interesse economico.

In quel periodo, il CNEN, diretto dal professor Felice Ippolito, aveva trovato -in val Vedello- nuove manifestazioni uranifere di superficie, ma, avendole giudicate (erroneamente) del tutto simili a quelle della Valle di Belviso, le aveva abbandonate.

Oggi possiamo dire che le mineralizzazioni uranifere del Belviso sono legate a fratturazioni e laminazioni prodotte dall’orogenesi alpina (rimobilizzazioni di un più antico uranio) e probabilmente “vecchie” di "soli" 100milioni di anni. Le mineralizzazioni uranifere di Val Vedello, oltre ad essere molto più antiche (250 milioni di anni), sono disposte in modo del tutto diverso. Le mineralizzazioni uranifere dell'alta valle di Belviso, quelle di Novazza e quelle di val Vedello sono tre mineralizzazioni uranifere ben distinte, ben diverse tra loro. Non fanno parte di un unico filone e non sono tra loro interconnesse come invece si legge in certi orripilanti scritti.

Sopra, in fotografia : studio radiometrico delle sporadiche manifestazioni uranifere presenti nella formazione di Collio (Permiano inferiore) nell’alta valle di Belviso (foto: Pessina Camillo M.).

 

Infrastrutture e mezzi

Si è parlato e si parlerà ancora di uomini; l’elemento più importante della ”storia”. Pure si è parlato, e si parlerà ancora, di fatti e di accadimenti.Ritengo però necessario parlare anche delle infrastrutture e dei mezzi che resero fattibile l’avventura mineraria e che - pur parendo così secondarie - senza di esse non sarebbero state possibili la presenza degli uomini e l’attuazione dei fatti.

L’area mineraria di Val Vedello si trova sulla destra orografica dell’omonima valle, tra le quote 1900 e 2300 metri in un’area priva di viabilità, con versanti a pareti rocciose molto ripide ove è difficile reperire acqua e spazio per la sistemazione dei cantieri e del materiale di risulta. Gli studi geologici e radiometrici (misure di radioattività ambientale) eseguiti nel 1976, le campionature di roccia mineralizzata a uranio e le numerose analisi chimiche effettuate convinsero l’ENI a eseguire i primi lavori minerari in sottosuolo già nel 1977. Per poterlo fare fu però necessaria la realizzazione di una pista che permettesse di far arrivare nella zona di ricerca in località “la Foppa” - un’ampia conca erosiva posta ai piedi del Cavrin e della Soliva - le prime infrastrutture, i mezzi di scavo e di perforazione.

La ditta contrattista che si era aggiudicata i lavori, la “Cariboni Paride” di Colico, realizzò nel primo semestre del 1977 - con grande coraggio e perizia - una pista carrabile che fu tracciata nonostante la valle fosse coperta da diversi metri di neve. Grazie anche alla disponibilità della società Falck, furono superati alcuni ostacoli apparentemente insormontabili, come il lago di Scais e la sua grande diga.

La val Vedello fu attraversata intorno a quota 1750 metri e con arditi tornanti, tagliati nella roccia, si arrivò sino  a quota 2100 metri, il  punto più alto dell’ esplorazione mineraria.

Grazie a questo grande sforzo, con l’arrivo della bella stagione fu possibile iniziare lo scavo di alcune gallerie intestate su due differenti livelli; quello più alto, il Livello 2, posto a quota 2094 metri e quello più basso, il Livello 1 posto a quota  1980 metri. Dall’interno di queste  gallerie furono eseguiti i primi sondaggi a carotaggio continuo, orientati sia verso l’alto che verso il basso, che permisero di fare una prima  valutazione sulla consistenza delle mineralizzazioni uranifere e capirne meglio il contesto geologico.

Per motivi economici ed organizzativi  Agip decise di proseguire le ricerche anche durante la stagione invernale. Si rese così necessario creare un’importante infrastruttura: un cantiere logistico, ricavato su un costone roccioso al limite dell’anfiteatro della  “Foppa”, a quota 1940 metri.

In quel primo “eroico” inverno del 1977 dove si sarebbero testate tutte le difficoltà, “gli Uomini dell’uranio” diedero il meglio di loro stessi. Gli spostamenti dal cantiere logistico alla zona di ricerca mineraria del Livello 1, avvenivano lungo una pista continuamente ripulita dalla neve, o, in caso di pericolo valanghe, su indicazioni dell’esperto del  Servizio Valanghe Italiano (S.V.I) Confortola,  a piedi, al sicuro  su una cresta rocciosa, assicurati ad una corda tesa su  un tracciato realizzato da Cosimo Zappelli.

 

 

 

Il cantiere logistico di Val Vedello

La nascita

La decisione di proseguire i lavori di valutazione delle potenzialità minerarie delle  affioranti manifestazioni uranifere di Val Vedello, in sottosuolo, anche durante la stagione invernale pose  seri problemi logistici.

Date le difficili condizioni climatiche e morfologiche della valle, si poteva lavorare all’aperto nel solo periodo estivo. D’inverno la zona era soggetta ad abbondanti nevicate e a frequenti cadute di slavine e valanghe. Alla quota di ubicazione del cantiere la neve insisteva per sei, sette mesi l’anno. La precipitazione invernale nel 1977 e nel 1978 era stata di 16 metri di neve. La copertura nevosa mediamente presente nei mesi invernali era di 5-6 metri. L’acqua facilmente reperibile d’estate diventava rara d’inverno. Furono necessarie opere di presa per acqua potabile, l’installazione di serbatoi e la posa di condutture coibentate e riscaldate.

Il Cantiere logistico era costituito da una grande struttura metallica dall’estensione impressionate di travi di acciaio a doppio T rivestite di lamiera. Lungo 112 metri e largo una ventina di metri, nei punti di massima ampiezza; orientato grossomodo Nord - Sud, era stato costruito a più riprese  tra il 1977 ed il 1978 in una risega scavata su un costone, nella roccia gneissica  a quota 1940 metri. Ancorato a monte ad un grande muro in cemento armato, al sicuro dalle valanghe, il  grande tetto in lamiera argentata  arrivava giustappunto al profilo topografico.

Senza il cantiere logistico non si sarebbe potuto lavorare con continuità, nella bella stagione ma soprattutto durante il duro inverno di Val Vedello.

Osservando con attenzione le fotografie si noterà il suo ampliamento successivo verso nord, nel 1978, con la costruzione di una grande torre metallica con  scala interna, protetta dalle  intemperie, e di una sequenza di   scalinate   coperte che permettevano l’accesso al Livello 1 anche nei periodi invernali e  di maltempo. Sempre nel 1978 si realizzò nell’estremità nord del cantiere logistico la stazione di arrivo della funivia, altra infrastruttura importantissima alla sicurezza d’inverno, quando le piste sottostanti erano chiuse dalla neve, e, l’elicottero non poteva volare a causa del cattivo tempo.



Nel cantiere logistico furono alloggiate e assistite sino a 120 persone. Sotto la grande tettoia vi erano riparate baracche di legno coibentate, adibite a dormitori, l’infermeria, con un infermiere diplomato e guida alpina, un magazzino, una cucina e una mensa per le maestranze della contrattista, una piccola mensa-ufficio per il personale Agip e un serbatoio per l’acqua. A sud, al limite della struttura metallica, un piazzale sostenuto da una grande muro di gabbioni era adibito ad eliporto in inverno. La grande infrastruttura metallica, a testimonianza dei risultati positivi dell'esplorazione mineraria, via, via sempre più impegnativa, fu migliorata nel 1979, mantenuta nel 1980, nel 1981, nel 1982, sino al 1983.

In quegli anni molte furono le giornate indimenticabili! Il rinvenimento in profondità di nuovi corpi mineralizzati a uranio che giustificavano il proseguimento delle ricerche. Il giorno dell’”open windows” (finestre aperte), quando la popolazione di Piateda ebbe la possibilità di visitare il cantiere minerario arrivandovi su un potente AB 212 e percorrere l’interno delle gallerie. Le annuali feste della patrona i minatori - santa Barbara - la cui messa celebrata da don Enrico Sassella, finivano con l’abituale cena presso il ristorante Amonini di Piateda. Di rilievo fu la visita di un personaggio importante per la storia del nucleare italiano come Felice Ippolito. Molteplici furono le visite di professori e studenti di università italiane ed europee.

 

 

Agonia e morte del cantiere logistico di Val Vedello.

Alla fine del 1982 i finanziamenti erogati dalla Comunità Europea che coprivano una parte dei costi complessivi della ricerca mineraria in Val Vedello non furono più erogati a causa di cambi di strategia nella Comunità stessa.

Per meglio far capire la tormentata dinamica degli eventi occorsi in quegli anni, a complicare ulteriormente il quadro delle ricerche dei minerali d'uranio, l’Eni iniziava a disimpegnarsi dal settore nucleare con tagli negli investimenti e ripassando - nel Dicembre 1983 - le attività uranifere dall’Agip Nucleare all’Agip, dalla quale erano state trasferite, nel Gennaio 1982, con non poche “sofferenze” per il personale Agip.

Dal 1982, il non più giovane personale del settore uranifero, fu gradualmente “riciclato” al comparto petrolifero con la necessaria e dura riqualificazione in un settore totalmente nuovo. Stessa sorte toccò all’Autore, nei primi mesi del 1987.

Le attività minerarie uranifere dell’Agip furono completamente liquidate alla fine del 1986 con un ulteriore l’accorpamento in un’altra società, appositamente creata, l’Agip Miniere, a sua volta liquidata dopo qualche anno. Stessa sorte seguì l’Agip Nucleare e migliaia di dipendenti. In questo gran marasma organizzativo e strategico, l’attività di ricerca mineraria in Val Vedello aveva comunque conosciuto il suo naturale epilogo verso la fine del 1982. Il livello di ricerca più basso, il Livello di Ribasso (1807 m. s.l.m.), dopo l’esecuzione di alcuni sondaggi profondi spinti verso il basso, aveva esaurito la sua potenzialità esplorativa. Per continuare l’esplorazione dell’orizzonte mineralizzato sarebbe stato necessario impostare gallerie a quote ben più basse e in altre località!

Nel Maggio 1983, un ordine di servizio dell’Agip Nucleare, decretò la fine di tutte le attività minerarie e la chiusura del cantiere di Val Vedello entro il Giugno 1983 (1) (2).

Queste decisioni portarono negli inverni successivi all’abbandono del cantiere con i relativi disastrosi risultati (vedi foto sottostanti).

Nel disinteresse generale iniziò allora - con lo spreco degli enormi investimenti fatti, la rinuncia ai titoli minerari, la chiusura di società minerarie e nucleari, la svendita e l'abbandono di attrezzature e documentazione, la cancellazione delle competenze, la liquidazione di tecnici e di know-how - la perdita di competitività, che ha portato progressivamente il nostro paese al declino economico e scientifico.

Neppure Attila avrebbe saputo fare di meglio!

(1) Ricordo che la tragedia di Cernobyl, in Ucraina, avvenne nell’Aprile 1986. Vorrei inoltre richiamare l’attenzione sul fatto che parlo e ho parlato sempre di attività minerarie esplorative. Da non  confonderedere (o spacciare) per attività di coltivazione (estrazione) del minerale uranifero che è tuttora presente - nella sua totalità - nel sottosuolo di val Vedello.

(2) Gestire un'attività industriale in Italia era già difficile negli anni settanta e ottanta. Nel caso di Val Vedello, i costi, i cavilli, le grane autorizzative e la conseguente mancanza di qualsiasi certezza di programmazione e di rischio economico divennero insostenibili, così da scoraggiare qualsiasi proseguo di attività. Il declino economico dell'Italia ha, anche qui le sue radici. Negli altri Paesi le iniziative industriali sono agevolate se non addirittura incentivate. Nell'aprile 1980, la direzione Agip scriveva: "...vista anche la tensione che le note frange politiche estremiste cercano di fomentare nella popolazione della Valtellina, la locale Comunità Montana ha a suo tempo dichiarato, che qualsiasi nuova autorizzazione sarebbe stata concessa solo con l'assenso delle principali forze politiche e sindacali e quella del Comune di Piateda... ".

Dalmine(Bg) - Febbraio 2008



Chiusura dei lavori minerari. Opere di rinverdimento e opere idrogeologiche


Il cantiere logistico e tutte le infrastrutture relative furono smontati e portati a valle.

Per gli obblighi di rinverdimento e di stabilizzazione dei versanti dell’area mineraria, prescritti dalla Comunità Montana della Valtellina,l’Agip, fece trasportare con elicottero - dai depositi siti nella piana di Agneda alla zona mineraria - centinaia di cultivar di pino mugo, poi impiantate da operai sulle discariche.

Finito il lavoro, le piantine furono però distrutte, prima ancora che potessero attecchire, da decine di fameliche capre ivi portate a pascolare. Questa mancanza di sensibilità da parte di qualcuno produsse danni economici e d'immagine non indifferenti che misero in discussione il futuro recupero dell’ambiente nell’area dell’ex cantiere logistico.

Per la stabilità idrogeologica del Val Vedello fu costruito un grosso stramazzo di regimazione e contenimento delle acque- provenienti dalla destra della valle soprattutto in condizioni di forte piovosità - che costò all’epoca parecchie centinaia di milioni di lire.

 

 

Dalmine (Bg) – Febbraio 2008                                 Camillo Mario Pessina (geologo)