Uranio sulle Orobie - La storia dell’uranio di val Vedello e dintorni

di Camillo Mario Pessina

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Henry Luigino: un ricordo lungo trentanni

“…credo che da ogni fatto che accade nella vita di un uomo, sia esso circondato di gioia  come di
dolore, se ne possa invece ricavare una lezione esemplare; non con l’intento di giudicare, ma per
il semplice fatto che dagli avvenimenti c’è sempre un qualche cosa da imparare!”

Cosimo Zappelli (da: "Per un sogno di conquista")



Due guide alpine di Courmayeur in val Vedello


Nel 1976 e nel 1977 operavano in alta Val Caronno, Val Vedello e Val d’Ambria  due squadre geologiche dell’Agip che,come ho già raccontato, avevano la grande casa sul lago di Scais come riferimento logistico. Ogni  squadra geologica era composta da un geologo che aveva il compito di effettuare un rilevamento geologico e minerario e da un prospettore  munito di scintillometro. Con questo strumento si misuravano le variazioni del fondo naturale di radioattività (prospezione radiometrica). Le squadre uscivano, tempo permettendo, il mattino e rientravano il pomeriggio.
Data la non facile morfologia delle Orobie valtellinesi, le due squadre  erano assistite da due guide alpine di Courmayeur:
Cosimo Zappelli ed Henry Luigino.


Luigino, contrariamente a Cosimo, toscano trapiantato in Val d’Aosta, era un valdostano autoctono. Era un giovane dai lunghi capelli biondi e  lineamenti gentili, di altezza normale ma di corporatura piuttosto esile; il suo parlare era segnato da un’accentuata erre moscia; eredità del “patois”, il dialetto franco-provenzale dei valdostani.
Io lo conobbi a Scais nel 1976; Cosimo lo aveva proposto all’Eni come guida per la squadra geologica che operava in tutta la Val Vedello ed in tutta la Val d’Ambria; Luigino era quindi la guida della mia squadra, mentre, Zappelli, in quel periodo, assisteva l’altra  che studiava tutto il grande anfiteatro del Caronno sino allo spartiacque bergamasco.
Luigino era più taciturno di Cosimo che invece, da bravo toscano, scherzava sempre volentieri. Luigino mi raccontava - quando insieme affrontavamo le pareti verticali che delimitano il piccolo anfiteatro glaciale posto ai piedi della Soliva,  tra la lama del  Mutulù e l’ex cantiere logistico - come  con grande sforzo di volontà fosse riuscito a rimettersi in piedi da un  brutta caduta da una  parete e a causa della quale era rimasto quasi paralizzato- . Quanto coraggio dimostrò  Luigino  a riaffrontare la montagna! In montagna chi sbaglia paga! E come diceva Cosimo “….sbagliare e non pagare è un privilegio che a pochi è dato da assaporare”.

La stesura di un’ “onesta” carta geologica impone l’esame e talora il riesame di luoghi impensabili e insoliti a chi normalmente frequenta la montagna. Con Luigino, nei due anni che passammo insieme, affrontammo faticose e difficili salite verso Cima Soliva e non solo quella, più facile, che dalla Foppa porta allo spartiacque bergamasco. Arrivammo progressivamente sul Gro e sul Cavrin, sulle pendici del Salto e al passo del Forcellino, sul  Ceric e sull’Aga. Probabilmente si aprirono nuove vie di risalita ma mai si pensò di segnalarle perché gli interessi erano ben altri! Molti di quegli itinerari li ripercorsi successivamente con Cosimo; il progredire della ricerca mineraria in sottosuolo portava nuovi dati ma anche nuovi interrogativi  a cui bisognava rispondere! Bisognava ritornare sui  propri passi ma con “occhi nuovi”!


Per guide alpine come Cosimo e Luigino che avevano al loro attivo montagne importanti, ambiziose e ”adrenaliniche” come il Monte Bianco o catene montuose come le Ande e l’Himalaya, la “modesta” routine sulle Orobie valtellinesi doveva, a tratti, sembrare  una gabbia ai loro sogni ed alle loro sfide.
Luigino Henry ebbe l’occasione di partecipare nel 1977 ad una spedizione sull’Annapurna III (7555m.), in Nepal, come vice capo spedizione. Quando me lo disse lo sconsigliai d’andarci – "chi te lo fa fare! Sei  in Valtellina e sei pagato per un lavoro che per te  è un divertimento, sei in mezzo ad amici, … resta con noi..…" -.
Qualcuno ha scritto che: ”non per avidità di lucro ci si fa guida, ma per vocazione, per chiamata segreta, per elezione del monte che sceglie il sacrificatore, destinato presto o tardi ad essere vittima olocausta”. Penso che proprio per  questo segreto richiamo Luigino decide di accettare questa nuova sfida della montagna, a volte madre pietosa, a volte ostile avversaria.

Prima di partire Luigino mi invitò a Courmayeur per festeggiare  la sua partenza e permettermi di conoscere un po’il Monte Bianco; il gigante per eccellenza, svettante e incombente nella sua pietrosa maestà sulle pacate distese verdi della romana Curtis Maior. Accettai con entusiasmo! Mi piaceva l’idea di vedere alcuni di quei luoghi con una guida d’eccezione come lui. Fu così che Il 27 Agosto 1977, un sabato, di buonora, partii alla volta di Courmayeur con la moglie, lasciando nostro figlio di tre anni ai nonni materni.

Arrivammo abbastanza presto a Courmayeur. Luigino abitava in una casetta in località De Pussey con la moglie Emilia Cornaz sposata  nel maggio del 1967; aveva la passione della falegnameria e dell’ebanisteria, sua attività principale prima di diventare guida alpina.  Appena giunti ci mostrò la casa ed il suo amato laboratorio attrezzato con diverse macchine per la lavorazione del legno. L’arredamento  di casa era opera sua; i mobili li aveva costruiti con le sue mani intagliandoli con bravura. I soffitti, rivestiti in legno, erano ornati  da  motivi  geometrici e  floreali,  tipici della Valle d’Aosta. Dopo una breve pausa subito in Val Veny; costeggiammo in auto la Dora della Val Veny, per raggiungere poi a piedi la ricurva testata del ghiacciaio del Miage, il più grande della Val d’Aosta. Racchiusa nella gelida tenaglia del ghiaccio emerge l’oasi verde del  ”Jardin de Miage”; dall’uncinatura meridionale del ghiacciaio grossi blocchi di ghiaccio azzurrognolo cadevano rombando nel piccolo lattiginoso lago del Miage (il fenomeno viene oggi chiamato ”calving”). Al ritorno, più in basso, sulla piana, Luigino volle accompagnarmi a pescare trote allevate in un laghetto, dove, grosse ed  affamate, si lasciavano catturare con scandalosa facilità. La sera, tutti insieme a cenare alla “Maison de Philippe”; un noto ristorante nella frazione di Entrèves, dove, di giorno, è possibile  godere anche  di una magnifica vista sul monte Bianco. Il ristorante era famoso per i suoi antipasti i quali furono tanto numerosi, abbondanti e ricercati  che dovemmo limitarci solo  a quelli! In  chiusura  non poté mancare la simpatica cerimonia del caffè alla valdostana bevuto bollente, “a la ronde”, nella “coppa dell’amicizia”; una speciale scodella di legno intagliata, con coperchio e beccucci, simbolo dell’accoglienza valdostana. Il “caffè”, in realtà era una  “pozione  ad alta gradazione” costituita da caffè bollente, grappa, scorze di limone, chiodi di garofano e cannella in  corteccia.
I coniugi Henry, quella sera, con gran gesto di ospitalità, ci offrirono la  loro camera da letto, ricoperta di “boiserie”, intagliata con motivi floreali, come già ebbi a dire, da Luigino.
Con lui, la mattinata di domenica, con l’omonima  funivia, salimmo sul Monte Bianco, sino  Punta Helbronner (3462m.), sulla terrazza dei ghiacciai, da dove si domina non solo la cima principale del Monte Bianco (4807m.) ma tante  cime, tutte sopra i quattromila metri, come, tanto per citarne alcuna,  l’imponente Monte Rosa, l’aguzzo Cervino ed il Gran Paradiso. La trota ce la cucinò l’Emilia, il mezzogiorno.
Il pomeriggio, la piacevole compagnia dovette però sciogliersi, richiamata dal dovere quotidiano; il lunedì il lavoro mi attendeva in Valtellina, Luigino doveva prepararsi per la spedizione himalayana. Ripartimmo alla volta di Bergamo. Lasciammo Courmayeur abbracciando Luigino e la moglie, mai immaginando di non rivederlo più. Luigino partirà il 18 di settembre. Trentaquattro giorni dopo  si sarebbe compiuta la tragedia!
Annapurna
in sanscrito significa “dea dell’abbondanza”; è un massiccio montuoso lungo 55 chilometri, che comprende sei cime principali, la prima delle quali, Annapurna I è alta 8091metri. L’Annapurna è un massiccio “stregato”; pare inghiotta il 60% degli alpinisti che si avventurano sulle sue pendici; le condizioni climatiche facilmente variabili, le pareti di ghiaccio, una  roccia friabile, la forte nevosità ed il distacco improvviso di valanghe e blocchi di ghiaccio contribuiscono a rendere questo gruppo montuoso estremamente pericoloso.
La spedizione italiana, nonostante le molte difficoltà incontrate, ebbe  comunque successo perché due cordate, la prima costituita da Luigino Henry  e Pino Cheney e successivamente la seconda con Piero Radin, e Giorgio Brianzi arrivarono sulla cima dell’Annapurna le prime ore del pomeriggio la domenica del  23 ottobre 1977; il rientro  estremamente  faticoso, protratto anche con la prima oscurità per poter giungere al campo base, terminerà però in maniera tragica. Luigino morirà alle   20,15, nell’oscurità di quella sera, “volando”  per quattrocento metri - …senza un grido e senza una parola - così raccontò Pino Cheney, da un canalone ghiacciato a quota 7000 metri, pare nel tentativo di recuperare un tiro di fune.
La seconda cordata, al ritorno, quasi nello stesso punto, ebbe a sua volta un’ incidente; Brianzi scivolava  coinvolgendo Radin che  si fratturava una gamba  contro un muro di ghiaccio. Contrariamente al povero Luigino erano assicurati ai chiodi da ghiaccio!
Franco Piana
, noto alpinista ligure, sentita da Cheney la notizia dell’incidente sale alla ricerca di Luigino che  troverà morto dentro un profondo seracco  nel quale verrà  lasciato; dalla salma recupera l’anello matrimoniale che darà alla moglie di Luigino, Emilia.
Franco troverà anche Piero Radin ferito e con principi di congelamento agli arti; lo metterà  in posizione sicura e scenderà a sua volta al campo base per cercare aiuto.
Il  salvataggio di  Piero Radin fu uno dei più lunghi e difficili della storia dell’alpinismo perché durò la bellezza di otto giorni. Per atroce  ironia della sorte  Franco Piana morirà sotto gli occhi di Radin  il 22 settembre 1980, sull’Everest a quota 7300 metri, investito da  una massa di neve che lo imprigiona  senza pietà, nonostante i disperati sforzi di Radin.
Al campo base, sopra un tumulo di sassi, i compagni di Luigino erigono un cippo in suo ricordo incidendo nella pietra i nomi di tutti i sopravvissuti ; gli sherpa che erano stati con lui sul Dhaluagiri (8167m), accendendo sul tumulo commemorativo la fiamma di un legno resinoso vi celebrano il rito del cibo. Luigino è rimasto lassù.
La moglie  Emilia che ancora oggi porta al dito quell’anello, riuscì a recarsi su quel tumulo due anni dopo  per una preghiera ed un  ultimo saluto.
Seppi della morte di Luigino da un giornale radio; la notizia fu come un fulmine che cade all’improvviso e ti frastorna. Su questa scomparsa furono versate molte lacrime, non solo dei parenti suoi più stretti, ma anche, insieme alle  mie, quelle di molti valtellinesi che in quegli anni avevano avuto la fortuna di conoscerlo.


A Luigino è stato dedicata una via alpinistica al Pilastro Barbier del Cimerlo sulle Pale di San Martino nelle Dolomiti. A Courmayeur lo hanno ricordato  dedicandogli una stele affissa all’ingresso della storica casa delle guide alpine posta nella bella piazza Abbé, J. M. Henry, di fronte alla chiesa di San Pantaleone; a lato fanno bella mostra i busti bronzei di famose guide valdostane come G. Petigax, E. Rey  e M. Puchoz.

Per molte guide di Courmayeur il Monte Bianco è la montagna più bella del mondo, una montagna completa che ricorda le vette himalayane; lì sono alpinisticamente cresciute, lì però, molte di loro vi hanno perso amici e parenti. Ed è proprio sul massiccio del Monte Bianco, sul Pic Gamba, che nel settembre 1990, Cosimo Zappelli, un altro amico, perirà tragicamente! La fortuna che lo aveva “miracolato” in tanti passati incidenti questa volta guardava altrove! Nel suo libro “Per un sogno di conquista” Cosimo aveva iniziato il  primo capitolo con il titolo: “La montagna mi ha voluto bene”.

 

 

Sono tornato ieri da Courmayeur dove ho avuto la fortuna di riabbracciare Emilia, la moglie di Luigino ed il figlio di Cosimo, Marco Zappelli. Cosimo è sepolto nel piccolo cimitero di Courmayeur insieme ad altre guide alpine scomparse sul Monte Bianco.

Avremo occasione di parlare ancora di loro nelle prossime puntate.

 

p.s. - Chi  volessero saperne di più  sulla morte di Luigino e  le imprese di Cosimo Zappelli consiglio il bel libro di Cosimo: “Per un sogno di conquista – Le tragedie e i metodi di sopravvivenza in montagna”. Edizioni A.G.L. Lecco - 1984.

 

Dalmine(Bg) - 22 Febbraio 2008                                         Camillo Mario Pessina (geologo)

 

 

 

 


LA GUIDA ALPINA  LUIGINO HENRY - NOTE ANAGRAFICHE ED ATTIVITA’ ALPINISTICA. (*)

Luigino Henry era nato a Courmayeur nel villaggio di Villair il giorno 2 novembre 1940 e abitava unitamente a sua moglie Emilia Cornaz, che ha sposato il 13 maggio 1967, nella frazione di Pussey.

Luigino, arrivato, piuttosto tardi alla montagna aveva cominciato ad arrampicare sotto la guida di Sergio Viotto intorno agli anni 1960 e da lui aveva appreso i primi segreti... del mestiere di guida alpina.

La sua attività principale era quella di fare l'artigiano-costruttore di mobili rustici valligiani e per la quale aveva certamente una grande passione perchè i suoi lavori erano ricercati da molti. Nel 1968 il suo amore per la montagna lo aveva spinto a frequentare il corso regionale di ''aspirante guida" dal quale ne era uscito a pieni voti. Cominciava così la sua attività di professioni­sta che doveva vederlo accompagnare i suoi clienti anche sulle più impegnative vie soprattutto nel gruppo del Monte Bianco ma anche in Dolomiti sui gruppi del Brenta, Pale di San Martino.

Guida Alpina lo era diventato appena tre anni dopo il 10 ottobre 1971 e da qual momento la nuova attîvità diventava il suo vero scopo nella vita. In seguito era chiamato a fare parte del gruppo degli istruttori della Scuola di Alpinismo Franco Monzino, della Società delle  Guide di Courmayeur e nell'estate del 1972, faceva parte del gruppo Istruttori per il Corso Nazionale di Aspiranti Guide che si svolgeva quell'anno in Valle d'Aosta.

Per alcuni anni era stato chiamato anche a far parte della Società Guide dì Courmayeur, nel Comitato Direttivo delle Guide e Portatori della Valle d'Aosta.

Benché non avesse mai voluto partecipare agli esami di maestro di sci, Luigino era un valentissimo sciatore, così che poteva svolgere anche l’attività di guida nello sci-alpinismo con grande perizia e passione. Negli anni a venire anche la sua attività extra europea assumeva un carattere di forte rilievo sia per le grandi capacità e forza d'animo che Luigino sapeva infondere a tutti quelli che andavano con lui.


Elenco delle salite dì maggiore rilievo effettuate da Luigino Henry con clienti, colleghi ed amici diversi.

15/6-14/7/1969: spedizione sci-alpinistica sulle Alpi di Stauning (Groenlandia).

Estate 1974: spedizione alpinistica della Società delle Guide  Courmayeur sulle montagne del Caucaso Centrale (URSS).

24/2-26/5/1976: spedizione alpinistica al Daulaghiri I (Nepal) m. 8172

26/12/76- 10/1/1977: spedizione alpinistica in Africa al Ruwenzori.

Settembre - ottobre 1977: Vicecapo spedizione all'Annapurna III - m. 7555. Cadeva accidentalmente al ritorno dalla vetta il giorno 23 ottobre 1977.


Altre salite rilevanti effettuate da Henry oltre a molte altre effettuate principalmente nel gruppo del Monte Bianco.

Gran Paradiso - Parete Nord.

Gran Zebrù - Parete nord-est.

Torri del Sella.

Traversata delle Cinque Dita (Sassolungo).

Sass Pordoi - Via Fedele Bernard.

Ciarforon - Parete Nord.

Aiguille de Chardonnet.

Campanile Basso di Brenta-Via Fehrmann.

Monte Bianco - Cresta dell’Innominata.

Dente del Gigante - Parete Sud.

Monte Bianco - Sperone della Brenva.

Monte Bianco - La salita integrale per la Cresta del Brouillard.

Cervino. Traversata.

Pic Gamba - Via Gobbi.

Aiguille Cruox - Via Ottoz.

Triolet  -  Parete Nord.

Aiguille Blanche de Peuterey - Parete Nord.

7-8-9 gennaio 1973 - Prima salita invernale alla Cresta dì Tronchey alle Grandes Jorasses.

Mont. Maudit - Via Kuffner fino alla vetta del Monte Bianco.

Pale di San Martino - Via del Pilastro e Via Castiglioni.

Pic Adolfo Rey - Via Salluard.

Da due stagioni (1976 e 1977) era stato chíamato ad accompagnare i geologi della società AGIP che facevano ricerche di carattere geo-minerario sulle Alpi Orobie.


Courmayeur 1978 - Cosimo Zappelli


(*) Queste note, stilate da C. Zappelli mi sono state gentilmente passate da Emilia Cornaz, la moglie di Luigino, affinché i meriti di Luigino fossero noti.

 

 

 

 

Togheter - Luigino Henry Memories. Contributions & Photogallery


Di Luigino, con molto piacere, ho ricevuto ricordi e foto da parte di alcuni visitatori del sito che lo ricordano con affetto. Ho pensato dunque di riportare le loro testimonianze.

 

Gent.mo Sig. Pessina,

ho letto con commozione il suo ricordo del caro Luigino Henry. Conobbi Luigino attorno agli anni 70 allorchè lui a 28 anni divenne  portatore (allora le aspiranti guide si chiamavano così ) e io iniziavo l' alpinismo a alto livello. Diventammo amici e compagni di salite. Sulla via Feherman al Campanile basso ero il suo compagno di cordata. In quella occasione salimmo anche il Crozzon del Brenta e il Campanile alto.

Con noi c' era una altra cordata con il portatore Rolando Albertini di Cervinia, perito poi sul Cervino. Solo in questi ultimi anni sono tornato a Courmayeur, prima non riuscivo a tornarci in quanto il ricordo di Luigino, che mi aspettava alla Casa delle guide e immancabilmente mi chiedeva con il suo accento valdostano se ero allenato era troppo doloroso. Preferivo scalare da altre parti.

Penso di farle cosa gradita inviandole alcune foto del ns. caro comune amico. Un saluto.

Mario G.        05 luglio 2012

 

gentilissimo sig. Mario G.

nell'aprire oggi la posta del sito valvedello.com ho trovato la gentilissima e gradita sua mail con le foto di un giovanissimo Luigino  Henry. La ringrazio. Mi piacerebbe, se lei fosse d'accordo, aggiungere questa sua testimonianza sul sito valvedello.com nella pagina dedicata a Luigino. Per arricchirne i ricordi. Nella convinzione che la sua gentile partecipazione possa essere d'esempio ad altri che hanno conosciuto Henry. Che ne dice?

Cordiali saluti.

Pessina C.M. 22 luglio 2012



Concordo e autorizzo con molto piacere. Cordiali saluti.                                                                                                  

Mario G.                 30 luglio 2012