Uranio sulle Orobie - La storia dell’uranio di val Vedello e dintorni

di Camillo Mario Pessina

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Home La val Vedello, l’uranio e i lavori minerari: tra favole metropolitane e realtà

La val Vedello, l’uranio e i lavori minerari: tra favole metropolitane e realtà

 

 

Il VERO (V) ed  il  FALSO (F) sull’uranio di  val Vedello e i lavori minerari.

 


 

 

 

F - dall’alta Seriana si passa in Valtellina (Val vedello) all’interno delle miniere di uranio dell’ormai liquidata Agip Nucleare.

V - Non esiste nessun collegamento in galleria tra l’alta val Seriana e la val Vedello o la Valtellina. Le gallerie di ricerca mineraria di val Vedello sono a sé stanti. La “miniera” è una sola. Non ci sono miniere ma più livelli della stessa “miniera”.

 

F - … si arrivava a Novazza - Valgoglio in elicottero poi dentro/sotto il Pizzo del Diavolo di Tenda entro la miniera (quota 1850, galleria tipo funicolare di Innsbruck e non sto scherzando) quindi, dopo quindici minuti di viaggio in auto, si sbucava sopra Agneda Vista Sondrio.

V - In elicottero si partiva da Piateda e si arrivava al cantiere logistico di val Vedello. Non esiste nessun passaggio sotto il Pizzo del Diavolo che comunque dista 8 Km in linea d’aria da Novazza. Non esiste nessun collegamento in galleria tra il Pizzo del Diavolo e la miniera di val Vedello. Non esistono funicolari tipo Innsbruck.  Dopo quindici minuti di viaggio in “auto” (fuoristrada) dal cantiere di val Vedello si “sbucava” ad Agneda solo sulla carrabile che c’è ancora oggi.

 

F - ma la routine normale era quella di effettuare sondaggi/carotaggi ai lati delle gallerie per riconoscere le aree più ricche di sedimento sabbioso uranifero (da lì il possibile-utile U235) e quindi portare tale materiale al trattamento d'arricchimento tramite bagni di fluoruri.

V - Nessun sedimento sabbioso (materiale incoerente) conteneva U235 e né mai è stato esplorato o cercato per il semplice motivo che non esiste. In val Vedello l’uranio è disperso invece in una roccia durissima e silicizzata. Nessun “tale materiale” è stato portato al trattamento d’arricchimento tramite bagni di fluoruri (???). L’arricchimento non è comunque realizzabile in Italia, paese, in questo campo, notoriamente arretrato. Prima dell’arricchimento bisogna comunque produrre lo “Yellow Cake”. Neppure questo siamo in grado di fare.

 

F - … so che il materiale utile totale estratto sfiorò le 5000 t portate in UK per il trattamento e rientrate sotto forma di barre (per Francia e Caorso).

V - Se così fosse, il giacimento sarebbe in pratica esaurito. Nessun “materiale utile” fu estratto fatta salva la piccolissima parte necessaria alle prove metallurgiche. La roccia uranifera è ancora nella sua totalità presente nel giacimento. Pertanto nessuna barra di uranio è potuta rientrare in Italia o in Francia.

 

F - … scopritore del giacimento fu un geologo italiano, il dott. Manuel d'Agnolo, laureato a Milano, che organizzò ricerche del settore per l'AGIP anche in Bolivia ed Ecuador.

V - Il dr. Manuel Dagnolo non si è laureato a Milano bensì a Padova. In quanto direttore delle attività uranifere Agip non poteva scoprire il giacimento di val Vedello perché trovare o “scoprire” un giacimento richiede moltissimi anni di lavoro e le sinergie di centinaia di persone e di specializzazioni. Fondamentale e ineludibile è stato inoltre il grande investimento economico senza il quale non si sarebbe fatto nulla. Tale investimento fu fatto da Agip. E’ l’Agip  dunque che ha trovato il giacimento. Grande merito del dr. Dagnolo è l’aver creduto nel progetto val Vedello.

 

F - … poi, però, negli anni Ottanta il vento cambiò. La svolta definitiva si ebbe con il referendum dell'8-9 novembre 1987, nel quale la maggioranza degli Italiani si espresse contro la costruzione e l'utilizzazione di centrali nucleari.

V - Le ricerche minerarie di val Vedello finirono nel 1982 per esaurimento logistico della loro portata esplorativa. Ufficialmente si chiuse nel maggio 1983 con un ordine di servizio dell’Agip Nucleare. Il referendum non ha nulla a che fare con la chiusura del cantiere di ricerca di val Vedello e la fine degli “scavi”.

 

F - … resta, muto testimone dell'intera vicenda, un versante che ne mostra ancora chiaramente le tristi ferite. E resta la fama un po' sinistra della valle, perché sentir parlare di uranio e radioattività genera nella maggior parte delle persone un istintivo timore.

V - Di triste c’è solo l’enorme spreco di investimenti che il nostro paese  non poteva permettersi. La radioattività ambientale è rimasta tale e quale prima l’inizio dei lavori. Ciò è stato testimoniato da importanti studi e misurazioni fatti dal CNEN/ENEA, da Istituti di Radioprotezione Autorizzati (dallo Stato) e dallo studio di Impatto Ambientale commissionato dalla Comunità Montana di Valtellina. L’istintivo timore è generato solo dall’ignoranza (nel senso buono del termine, cioè inteso come di chi non sa). Riporto testualmente quanto scritto da ENEA nel 1985 in riguardo la  val Vedello:  "dall'esame complessivo dei dati relativi ai livelli di  222Radon e figli in aria, emanazioni di 222Radon dal suolo e nelle acque emersi da studi ambientali fatti, risulta che i livelli di esposizione (radioattività) naturale nella zona circostante la miniera di val Vedello sono del tutto analoghi a quelli che caratterizzano altre zone italiane a fondo normale. Le variazioni riscontrate sono dovute alla variabilità delle caratteristiche geochimiche della zona e non possono essere ricondotte alle attività di ricerca mineraria".

 

F - … spiega E. G. geologo di Lega ambiente: «In una tonnellata di roccia ci sono due grammi di uranio. Per ricavare 120 milioni di euro, perché di tanto è accreditato il giacimento, bisogna scavare, triturare e trattare chimicamente un milione e mezzo di tonnellate di roccia».

V - Nessuno “lavorerebbe una tonnellata di roccia" se contenesse due grammi di uranio. Con questo tenore (%) in uranio non esisterebbe giacimento minerario. Il termine di giacimento minerario implica soprattutto un riscontro economico. In realtà i giacimenti di val Vedello e di Novazza contengono mediamente intorno ad un kg. di uranio per tonnellata di roccia. Penso che il geologo di Lega ambiente debba rifare i conti! Sarebbe però bello e corretto rendere pubbliche solo valutazioni giuste.

 

F - … fanno due conti e scavano la miniera: otto chilometri di galleria per arrivare al nucleo del giacimento.

V - Quando si iniziano i lavori di esplorazione o di ricerca mineraria nessuno sa se esisterà a priori un giacimento. Se si ha la rara fortuna di trovare un giacimento esso deve avere prima di tutto una valenza economica. Questo implica che quantità di minerale, di tenori (%) in uranio in tonnellata di roccia siano tali da giustificare la coltivazione con i relativi grossi investimenti. Nessuna persona sana di mente farebbe “due conti” per “scavare la miniera” e otto chilometri di galleria. Non esiste nessun nucleo del giacimento.

 

F - Siamo a metà degli anni ’70. In molti si sono ormai abituati alle dighe, divenute parte integrante del paesaggio di queste zone, ma questa volta è nel cuore della montagna che qualcuno vede la possibilità d’arricchirsi.

V Solo un ignorante in Scienze Geologiche e Minerarie può pensare che la ricerca mineraria - intrinsecamente gravata da grandi rischi economici  - possa essere una  speculazione per fare soldi. I fatti hanno dimostrato che non è stato così. Si dipinge Agip - società del gruppo Eni - che ha ricevuto dallo Stato il compito istituzionale di procurare energia agli italiani, come un volgare speculatore.

 

F - Ho voluto raccontarvi questa vicenda attraverso le parole di chi, come il mio amico Piero, in quei posti ci ha lavorato e,  pur pensando ai benefici energetico-economici che si possono trarre dall’uranio, ha visto gli effetti collaterali e i pericoli dell’attività estrattiva.

V - Non si capisce di quali effetti collaterali possa aver visto e di quali pericoli stia parlando il Piero dato che un’attività estrattiva non è mai avvenuta. Al povero Piero si mettono in bocca concetti e frasi troppo complesse per lui: “Il progetto di ricerca nella Val Vedello fu frutto di un’iniziativa italiana nata in seguito ad alcune rilevazioni e studi geologici sul territorio. Vide l’interesse di consulenti e gruppi di universitari stranieri che venivano spesso a visitare la miniera”.


F - “Le miniere furono chiuse perché non fu trovato abbastanza uranio?” - “Non so se sia quella la ragione. A quel tempo si diceva che la fascia orobica da Agneda a Castello Dell’Acqua fosse una delle zone d’Europa più promettenti per la coltivazione dell’uranio.

V - Da Agneda a Castello dell’Acqua non c’è traccia di mineralizzazioni a uranio per il semplice motivo che la geologia e la litologia dell’area non ne consentono la presenza. Tale assenza fu confermata  dalla spettrometria aerea  ancora prima che  iniziassero gli studi geologici in val Vedello.


F - Può darsi, però, che i filoni del minerale all’interno della montagna non avessero la consistenza sperata e perciò si decise d’abbandonare la costosa ricerca.

VMa come? Non si continua a dire in tutte le “salse” che la “miniera” fu  chiusa per effetto del referendum antinucleare del  novembre 1987?

 

F - “Dei danni ambientali non ne sai nulla? Pare che in quegli anni ci fossero accese fervide polemiche per l’impennata dei valori di radioattività nelle acque degli effluenti della diga di Scais.” - Devi sapere che la sonda iniettava nel foro grandi quantità d’acqua che poi riuscivano in superficie e defluivano liberamente. Queste acque, che avevano concentrazioni d’uranio nettamente superiori a quelle delle acque superficiali raggiungevano la diga di Scais e quindi finivano a valle.

V - Grande Piero! Non è in grado di  distinguere  una funicolare da una funivia, una cava da una miniera e una miniera dalle miniere ma riesce a capire che - causa le ricerche  minerarie - l’acqua delle sonde, con alte percentuali di uranio, arriva nel lago di Scais. Gli Esperti Qualificati  di Radioprotezione che ogni giorno erano impegnati  in continui controlli ambientali con sofisticati strumenti invece non se ne accorgevano!

 

F [ndr. si parla di concentrazioni di uranio nelle acque fuoriuscenti dalle gallerie da 10-100 volte superiori alle acque esterne, fra i 10 e i 120 mg/L, come confermano i dati ufficiali pubblicati agli inizi degli anni ’80 in fase di prospezione mineraria ].

V -  Se si leggono bene i “rapporti ufficiali” e non certe interpretazioni, bisogna dire che in realtà questi valori sono riferiti ad una sola galleria e non a tutte le gallerie come  invece affermato. Se si vuole essere corretti bisognerebbe inoltre finire il discorso riportato dai “dati ufficiali”. In proseguo di frase  essi affermano che “la concentrazione di uranio nelle acque decresce da valori intorno ai 100mic.g/l nella zona mineraria fino a valori cento volte inferiori nel lago di Scais”.

 

F Quando fu dato l’ordine di smantellare si sapeva che, secondo accordi presi dall’Agip all’apertura della miniera, si sarebbe dovuto ripristinare nella valle lo stato delle cose antecedente ai lavori. 

V - E’ questa un’affermazione capziosa perché è evidente che il materiale di risulta dell’escavazione delle gallerie non poteva essere rimosso come neppure  si poteva cancellare il tracciato della pista.

 

F - Bisognerebbe vivere in armonia con il proprio territorio e non tentare di plasmarlo a misura d’uomo, come se fossimo in preda a illogici deliri d’onnipotenza. Anche le ali di Icaro si sciolsero quando cercò d’avvicinarsi troppo al sole...

V - Cercare di fornire energia a un paese che ne chiede sempre di più non è un' ” illogico delirio di onnipotenza”. Icaro non c’entra proprio nulla. Tutti siamo d’accordo che consumare meno è una forma di risparmio energetico. Più coerenza sarebbe invece  auspicabile da parte di certi ultrà dell’ecologia che non rinunciano all’automobile e al telefonino di ultima generazione. In merito vorrei solo qui riproporre alcune considerazioni che vengono  dall’ ”Appello di  Heidelberg" che, nel giugno del  1992, fu firmato da 264 scienziati e intellettuali - 52 dei quali premi Nobel - in occasione del   Primo Forum  Planetario in vista della Conferenza di Rio de Janeiro.

“Esprimiamo la volontà di contribuire pienamente alla conservazione del nostro comune patrimonio  planetario. Tuttavia non possiamo fare a meno di esprimere la nostra  inquietudine nell’assistere  all’alba del XXI secolo, all’emergenza di una ideologia irrazionale che sembra volersi opporre  al progresso scientifico ed industriale e che appare sicuramente nociva  allo sviluppo economico e sociale. Affermiamo che “lo stato di natura intatta”, spesso mitizzata da movimenti che si richiamano al passato, non esiste e probabilmente non  è mai esistito  da che l’uomo è comparso nella biosfera e che  l’umanità ha cominciato a progredire utilizzando le risorse naturali per i suoi fini e non in modo inverso.”


F - Da “le Cartine dei Perché - Geologia - Ed. Parco Orobie Valtellinesi. Settembre 2006. - "Le mineralizzazioni ad uranio delle Alpi Orobie sono contenute all’interno della serie vulcano - sedimentaria del Collio e, in minor misura, dal sovrastante Verrucano lombardo. In particolare, i giacimenti della Val Belviso, del Passo della Scaletta e della Val Vedello risultano impostati lungo faglie subverticali risalenti al Carbonifero superiore e al Permiano, che delimitano il bordo settentrionale del  Bacino Brembano. ..........presso il passo della Scaletta, le miloniti mineralizzate di colore nero, che in Val Vedello sono localizzate assai in profondità, appaiono in superficie…".

V - Come avremmo potuto, in val Vedello, individuare altrimenti le mineralizzazioni uranifere se fossero state localizzate in profondità come dicono invece le note ? In val Vedello le rocce cataclastico-milonitiche mineralizzate a pecblenda affiorano in superficie. Sono di età prepermiana con riattivazioni permiane e Alpine. In funzione della specifica storia geologica e strutturale, le riattivazioni hanno avuto dinamiche differenziate (trascorrenze, distensioni, compressioni ecc.).

Le miloniti del Passo della Scaletta in realtà sono delle cataclasiti legate ad un piano di faglia (vedasi la figura a lato). Esse tagliano nettamente la superficie di strato di età permiana. Sono pertanto postpermiane; dunque non Paleozoiche come affermato, ma di età Alpina. Lo stesso dicasi per le mineralizzazioni dell’alta valle  del Belviso.

Le manifestazioni uranifere della Val Belviso e del Passo della Scaletta non possono chiamarsi giacimenti data l’esiguità delle loro dimensioni. Alla definizione di giacimento possono essere invece ascritte le manifestazioni uranifere di val Vedello (vedi: ”Angolo scientifico”). Si ingenerano confusioni fenomenali nel volere dichiarare giacimenti piccole manifestazioni di nessun interesse industriale.

Dopo anni di studi e di pubblicazioni - sulle carte geologiche recenti (2006) - non si dovrebbero più indicare, in val Vedello, i “Conglomerati Basali” - come cartografato invece, in passato, dai geologi olandesi - semplicemente perché non ci sono. Sarebbe ora che ci liberassimo da questa sudditanza. I geologi italiani - quando vogliono - sanno lavorare meglio di quelli stranieri! (agosto 2011)

 

F - "Negli anni ‘50, tra la valle Seriana (provincia di Bergamo) e la Val Vedello (provincia di Sondrio), fu scoperto il più grosso giacimento italiano di uranio. L’AGIP iniziò subito le esplorazioni per studiare il metodo di estrazione e dar vita ad una miniera, offrendo opportunità economiche ed interessanti a Novazza, un piccolo paesino della bergamasca. Contro ogni previsione la miniera non entrò mai in funzione grazie alle proteste locali che tra gli anni ’70 ed ’80 coinvolsero tutta la valle e non solo, arrivando addirittura a livello nazionale e, cosa ancora più interessante, senza prese di posizioni politiche. Il documentario, realizzato da S.P.A. G racconta, attraverso le interviste di persone che hanno vissuto quel periodo, il processo progressivo di presa di coscienza, di conoscenza e di informazione e coinvolgimento collettivo. Qualche anno fa nel 2007, la società australiana Metex cercò di assicurarsi lo sfruttamento del giacimento in vista di un possibile ritorno dell’Italia al nucleare e le proteste ricominciarono...

V Già nel leggere queste poche righe emerge tutta la devastante ignoranza di chi scrive. Si scopre “...il più grosso giacimento di uranio italiano. L'Agip iniziò subito le esplorazioni per studiare il metodo di estrazione e dar vita ad una miniera …”. In realtà il giacimento si scopre perché sono stati fatti prima i lavori di esplorazione (mineraria) e non il contrario. Le date sono sballate e non si capisce se si parla del giacimento di Novazza o di val Vedello. Se è di val Vedello che si parla, che c’entra Novazza piccolo paesino della bergamasca? La "miniera" non entrò mai in "funzione" per ben altri motivi. L'ho già scritto in tutte le salse! Non certamente per quelli spacciati per proteste locali o nazionali (vere, presunte o pilotate).

In merito a Metex, in realtà le proteste ricominciarono, anche a livello politico nazionale, (checchè se ne dica), da parte dei soliti noti che vogliono far passare l’idea della protesta globale o meglio: “di presa di coscienza, di conoscenza e di informazione e coinvolgimento collettivo”. Dalle premesse sopracitate, sulla oggettività delle interviste e sull’attendibilità scientifica del documentario citato è meglio stendere un velo pietoso.

L’ambientalismo assolutista nonché ottuso, non mediabile, non è che la coperta ideologica sotto cui si nasconde l’impreparata arroganza politica e la devastante arretratezza culturale accumulata dal nostro paese in tutti questi anni. I gendarmi della fede (ambientalista), pur di arrivare allo scopo, sono pronti a tutto. Basta infiorettare i discorsi per offuscare le idee. Una spessa coltre di malintesi e di farisaica delicatezza nei confronti del ”popolo” non sono altro che manipolazione di pochi che vogliono imporre un discutibile ideale a tutti.


F - da : Bedognè F., Credaro V., Dioli P., Mogavero F., Penati F., Pirola A, Sciesa E. (1996) - Valtellina e Valchiavenna. Vol. “Guida naturalistica”, Sezione “Il paesaggio, le rocce, i minerali”. Testi a cura di F.Bedognè e E. Sciesa. Edizione riservata  del Credito Valtellinese. Casa Editrice Stefanoni - Lecco

“in Val Vedello, a quota 2000m circa….. l’Agip Mineraria scavò alcuni chilometri di gallerie; furono estratti importanti quantitativi (circa 1500 tonnellate) di uraninite (“pechblenda”) concentrata soprattutto lungo livelli milonitici che attraversano le vulcaniti…… un’analoga  mineralizzazione a uranio è presente nell’alta Valle del Belviso, tra i 2100 e i 2200m, sotto il Passo di Venano”.

V - Niente di più errato. Il principale minerale di uranio presente nel giacimento uranifero di val Vedello(come del resto in quello di Novazza) è la Pechblenda che qui viene confusa o assimilata con l’Uraninite*. Rispetto alla Pechblenda, l’Uraninite ha un ben diverso significato mineralogico e minerogenetico. Dal giacimento di val Vedello non sono mai stati estratti 1500 tonnellate di Uraninite/Pecblenda. Il giacimento è pertanto ancora integro. Dal giacimento non si estrae Uraninite/Pecblenda ma una roccia mineralizzata (tout venant) che ne contiene in dispersione  piccole quantità. Per arrivare all’uranio (sotto forma preliminare del solo "Yellow Cake o Uranato d'Ammonio) sono necessarie gallerie di "coltivazione o estrazione" (della roccia uranifera o tout-venant) ed un impianto di trattamento (lavorazione) della roccia mineralizzata (roccia uranifera) che non sono mai esistiti. Le attuali gallerie sono servite esclusivamente alla ricerca mineraria ovvero alla valutazione della quantità di mineralizzazione uranifera presente nel sottosuolo (esecuzione di sondaggi).

Affermando, nel sopra citato articolo "mineralogico- specialistico", che sono stati estratti importanti quantitativi di  uraninite (pecblenda) , non solo non si dice il vero ma  si dimostra che anche in questo caso si confonde la roccia mineralizzata(tout venant) con la pecblenda/uraninite (minerale dell'uranio) e l'uranio (metallo o elemento chimico). Quello che si estrarrebbe dalle gallerie(di coltivazione), lo ripeto, è il solo tout-venant.

Dal punto di vista geologico le miloniti (ma anche le cataclasiti) sono interposte tra le rocce metamorfiche e la copertura vulcanoclastica permiana delimitandole. Non è vero dunque che “attraversano le vulcaniti”.

Nell’alta valle di Belviso le “magre” mineralizzazioni ad uranio presenti nulla hanno a che fare con quelle di val Vedello, sia in termini giacimentologici, stratigrafici, genetici e cronologici.

Purtroppo si genera e si alimenta così la disinformazione. Disinformazione che venendo frequentemente ripresa e interpretata "ad personam", porta alle "favole metropolitane" e al "catastrofismo ambientalista" che si basa proprio sull'impreparazione e sulla disinformazione. Infatti qualcuno, ha scritto che questo uranio (il materiale utile!) è stato mandato in Inghilterra (?) per essere trattato ed è già rientrato (in Italia?) sotto forma di barre (per i reattori nucleari) (Francia e Caorso), (vedi note sovrastanti)!

* I vecchi autori di studi sui minerali come E.Grill (1962) in: "Minerali industriali e Minerali delle rocce" (Hoepli Editore), assimila gli ossidi di uranio, pertanto scrive: Uraninite=Pecblenda (U,Th)O2. Forse sarebbe il caso di ripensarci! Uraninite=Pechblenda lo si scriveva quando non c'era la possibilità di fare analisi chimiche più precise; per esempio, con le microsonde. Oggi  si ritiene che i due ossidi non abbiano neppure la stessa formula chimica. In genere, Uraninite e Pechblenda si formano - con un significato minerogenetico specifico - a temperature ben diverse. L'uraninite presenta un'abito cristallino, cubico - esacisottaedrico mentre la Pechblenda ha una struttura colloidale in aggregati sferiformi. Nel giacimento uranifero di val Vedello, l'Uraninite è in netto subordine rispetto alla Pechblenda. Nel giacimento uranifero di Novazza l'Uraninite è assente, (vedi "L'angolo scientifico).